Riccardo Gatti

Immagini come questa, alla luce dell’attuale situazione politica italiana, impongono la necessità di decidere da che parte stare.
L’uomo che indossa la maglietta rossa di Open Arms è Riccardo Gatti, un uomo che da anni dedica la sua vita a salvare vite umane dalla morte in mare; la sua storia potete leggerla in un articolo pubblicato sull’ultimo numero de Il Venerdì, inserto di Repubblica, uscito oggi.

Simone Salvi

 

Due pesi, una sola ruspa.

Il Ministro Salvini ha già risposto lo scorso 24 Ottobre in merito al mancato sgombero dell’ edificio occupato abusivamente da Casapound in via Napoleone III a Roma: “non è una priorità.” Già. Nell’agenda del Ministro dell’Interno, in perenne campagna elettorale, non tutti gli sgomberi hanno uguale priorità: prima si procede con quelli che gli portano consenso elettorale in vista delle prossime elezioni europee. Insomma il Ministro mostra i muscoli ( le ruspe) solo verso i poveri immigrati. Mette conto notare che gli sgomberi di strutture in cui risiedono migranti, unitamente all’abolizione dell’accesso agli Sprar per i richiedenti asilo e dello stato di protezione umanitaria che sarà attuata in caso, assai probabile, di approvazione del cosiddetto Decreto Salvini, faranno aumentare il numero di migranti così costretti alla strada e quindi la percezione amplificata di un fenomeno, quello migratorio, che non ha certo i numeri né dell’emergenza né, tantomeno, quelli dell’invasione. Il che, tradotto ancora in cifre, significano ulteriori voti per il Ministro.

Simone Salvi

 

 

 

Perché Dante è davvero “padre”- Contributo per una corretta definizione di paternità dantesca

“Peregrino, quasi mendicando, sono andato, […] Veramente io sono stato legno sanza vela e sanza governo, portato a diversi porti e foci e liti dal vento che secco che vapora la dolorosa povertade.” ( Convivio, I, iii, 4-5 ). Con queste parole Dante descrive la propria condizione di esule, allora appena iniziata dato che la stesura del Convivio si colloca tra il 1304 ed il 1307. Nel Gennaio del 1302 la città di Firenze aveva condannato in contumacia con due sentenze, la prima del 18 e la successiva del 27 del mese, il Poeta all’esclusione perpetua dalle cariche pubbliche, al bando al confino per due anni e al pagamento di una consistente ammenda, quale falsario e barattiere. Nel Marzo dello stesso anno, non essendosi Dante e gli altri imputati presentati a rendere conto dei loro reati e a pagare l’ammenda, la pena si tramutò in condanna a morte. Sappiamo che i reali motivi della condanna risiedono nella complessa situazione delle lotte intestine alla città di Firenze ed in particolare a quelle tra la fazione dei Bianchi e quella dei Neri della parte Guelfa, nelle quali si inserirono le vicende in corso su più larga scala dello scontro tra Impero e Papato. Fatto sta che per il maggior poeta della letteratura italiana iniziò una vita da esule migrante che si concluderà solo con la morte, presso i lidi ravennati, nel 1321. Proprio durante i sofferti anni dell’esilio, in un’Italia che politicamente non esisteva se non in frammenti sotto forma di corti, Dante, lontano dalla sua Firenze e avendo per “patria il mondo“, come scrive nel De vulgari eloquentia ricorrendo ad una splendida ed efficacissima similitudine, (“noi, a cui patria è il mondo come ai pesci il mare” DvE, I, VI, 3) con un vantaggio di oltre cinquecento anni sull’unità politica del Paese, inventa la lingua italiana facendo assurgere a tal ruolo il fiorentino letterario del suo tempo. Dante si fece quindi padre della lingua italiana e, come artefice della prima unificazione della futura Italia, quella linguistica, appunto, padre dell’Italia stessa. La qualifica di “padre” è attribuita al Poeta già a partire da pochi anni dopo la sua morte dal rimatore Antonio da Ferrara (1315- 1374) in una sua lettera al collega e rimatore ravennate Menghino Mezzani, nella quale il ferrarese invoca Calliope affinché sia di aiuto ad un “nobile” sodalizio di poeti in volgare a seguire senza fatica e senza difetto le orme del “padre” Dante: “a zò che questo nobil sodalizio , / in volgar poesi’, senza fatica/ seguisca il padre Dante, senza vizio.” Padre lo è stato anche in tempi a noi più vicini per Foscolo (O Padre! O Vate!), Carducci e D’Annunzio. Sulla paternità linguistica di Dante si vedano i risultati di un mirabile lavoro del compianto professor Tullio De Mauro, il quale , con l’ausilio prezioso degli strumenti informatici, ha quantificato tale paternità dimostrando che la lingua che oggi parliamo sia stata codificata per oltre il 90% da Dante agli inizi del Trecento. Uno splendido omaggio alla paternità linguistica dantesca dell’italiano si trova anche in un dialogo contenuto nel romanzo di Thomas Mann “Confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull”, dove il portiere di un albergo interrogato da un avventore sulla lingua italiana afferma “Gli angeli in Cielo parlano italiano“. Dunque se uno dei massimi rappresentanti della letteratura mondiale colloca l’italiano in Paradiso e sulla bocca degli angeli, è grazie al “padre” Dante. Sulla condizione di Dante esule molto si è scritto, partendo dai riferimenti che il poeta stesso ne fa nei già citati De vulgari eloquentia e Convivio, ma soprattutto nella Commedia. Nel poema l’esilio è profetizzato, post eventum, nell’Inferno da Ciacco, Farinata degli Uberti e Brunetto Latini; nel Purgatorio le profezie continuano a partire dal canto VIII con quella di Corrado Malaspina, presso la cui corte Dante soggiornò nei primi anni del suo peregrinare, e nel canto XI, ambientato nel girone dei superbi, da Oderisi da Gubbio attraverso la vicenda di un suo compagno di penitenza, il senese Provenzan Salvani. Costui “si condusse a tremar per ogni vena” (Purg. XI, 138) umiliandosi a chiedere l’elemosina nella Piazza del Campo per riscattare un suo amico fatto prigioniero da Carlo d’Angiò. Con la vicenda di Salvani inizia quella identificazione figurale tra personaggio costretto a mendicare e Poeta stesso che troverà ancor più efficace riscontro nel canto VI del Paradiso dove l’imperatore Giustiniano, il cui eloquio occupa l’intero canto, racconta a Dante la vicenda di Romeo di Villanova, un tempo Ministro del Conte di Provenza Raimondo Berengario, che calunniato dalle invidie di qualche altro personaggio di corte, offeso e umiliato, non cede al suicidio come Pier della Vigna (Inferno, XIII) ma affronta la sofferenza dell’esilio e della povertà con dignità e coraggio, mendicando il pane a tozzo a tozzo: “indi partissi povero e vetusto; / e se ‘l mondo sapesse il cor ch’elli ebbe / mendicando sua vita a frusto a frusto, / assai lo loda, e più lo loderebbe” (Par. VI, 139- 142). Ai giorni nostri, dove i flussi migratori ci pongono continue e importanti riflessioni e generano innumerevoli dibattiti, si è tentato di utilizzare Dante in funzione anti- migranti: a tal proposito si recuperi in rete un articolo apparso sul quotidiano Il Giornale nel Maggio 2015 a firma di Matteo Carnieletto dove si equipara l’inurbamento a Firenze dei mercanti del contado fiorentino mossi dall’aspettativa di maggiori guadagni alla presunta invasione degli odierni migranti. Sarebbe forse più opportuno sorvolare su tentativi come questo, (del resto chi vorrà leggere l’articolo ne trarrà le ovvie conclusioni) ma risulta almeno doveroso far notare che prendere di peso una terzina da un canto della Commedia, strapparla dal suo contesto medievale e attribuirle una valenza moderna a sostegno di una tesi di comodo, avulsa da un benché minimo tentativo di storicizzazione, è operazione culturalmente improponibile e indegna di un giornalismo serio. Così come sono spesso fallaci i tentativi di attualizzare, quasi a tutti i costi, il pensiero di Dante uomo: lo si è spesso fatto, ad esempio, in funzione anti- Islam citando la punizione che nella Commedia è riservata a Maometto. Dante era un uomo profondamente del suo tempo, estremamente radicato nel sistema culturale- filosofico dell’epoca, e volerlo portare di peso nella contemporaneità produce spesso risultati scarsi, quando non ridicoli. Certamente, Dante era, è e sarà moderno per alcuni suoi aspetti, anzitutto quello linguistico, come abbiamo sopra accennato, e per alcuni aspetti del suo pensiero, tra i quali il suo aprire le porte all’Umanesimo per il suo incessante interrogarsi su quanto stesse facendo come uomo e come poeta. Nel dibattito intorno al tema delle migrazioni può essere chiamato in causa per stimolarci ad una riflessione: occorre tenere a mente che l’identità di un individuo si realizza, prima che in ogni altro aspetto, nella lingua materna, così potentemente agganciata alla cultura e agli affetti, assai più che attraverso la parte del mondo in cui si poggiano i piedi. Mondo nel quale, come scrisse Paolo Rumiz in un suo reportage dai Balcani devastati dalla guerra e pubblicato su Repubblica, “i pesci non hanno bandiera e il mare è salato ovunque”. In una Italia nella quale da quattro anni consecutivamente le nascite si attestano sotto la cifra di 500 mila all’anno e ogni anno in diminuzione rispetto al precedente, nel tanto e talvolta vacuo parlare di integrazione, dovremmo iniziare a considerare che le immigrazioni sono davvero una risorsa, che non ci si può sottrarre al dovere di accogliere chi fugge da guerre e fame e che un sano tentativo di integrazione dovrebbe partire proprio dall’insegnamento dell’italiano ai nuovi arrivati.

Simone Salvi

Lettera al Presidente Mattarella sulla questione della Nave Diciotti

Egregio Presidente della Repubblica Italiana Professore Sergio Mattarella,

da cittadini costantemente indignati dalla condotta dell’attuale Governo nei confronti della gestione del fenomeno migratorio le scriviamo sperando in un suo nuovo intervento a proposito dell’attuale situazione della nave Diciotti. Sorvolando sull’aspetto umano della questione, ormai quotidianamente trascurato da questo Governo, trovo urgente segnalarle che la condotta dei Ministri Salvini e Toninelli è illegale e pone l’Italia in una condizione di illegalità basata sulla violazione di accordi internazionali e di diversi codici di tale diritto. Le incollo qua sotto il link per la lettura di un articolo dell’ottima Annalisa Camilli, pubblicato a Giugno 2018 sulla rivista Internazionale, nel quale si spiega, in termini di diritto internazionale, i motivi di tale illegalità.

Confidando nella sua attenzione e in una imminente risoluzione del caso all’oggetto,

porgiamo distinti saluti.

 

Simone Salvi

Mariano Puxeddu

Tiziana Reni

https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/06/11/porti-immigrazione-ong

 

Governo dell’Indecenza

In aggiunta a questo post c’è da segnalare che ieri sera, 15 Agosto, il Ministro Salvini ospite di uno speciale della trasmissione In Onda dedicata al disastro di Genova, al momento di congedarsi ha rubato quindici secondi al programma per ricordare i successi di questo Governo, in primis il calo degli sbarchi.
Il Governo dell’Indecenza continua a far propaganda elettorale calpestando i morti e disperati.

Simone Salvi

Il celebre sonetto “La Golaccia” di G.G.Belli (1834) in versione moderna, contro Salvini e pro- migranti

“Quann’io vedo il Sarvini che a sto’ Monno
ppiù ammucchia rancori e ppiù s’ingrassa,
ppiù ha ffame de capestri e vvo’ la cassa
piena de neri da mannalli a fonno,

dico: ohh mmandra de scechi, ammassa, ammassa,
cadaveri de neri che nun ponno,
dar più noia ai ricchi de sto Monno
ma sono in fonno ar mare, ormai melassa.

Respingili, chiudi li porti oggi
per impedì che lo straniero ancora
possa invade l’Italia come oggi

Cosa fa er forestiero poverello
attraversando mare e deserto ora?
Spera, se fa coraggio e abbasta quello.”

Mariano Puxeddu, Luglio- Agosto 2018

Lettera al Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico sulle questioni TAV e migranti

Pubblichiamo la lettera inviata ieri, 29/VII/2018 dal “periscopista” Mariano Puxeddu al Presidente della Camera dei Deputati, On. Roberto Fico:
Gentilissimo Presidente della Camera dei Deputati, On. Roberto Fico,
Assisto sgomento alla tamburellante campagna mediatica pro-TAV Torino-Lione (tutte le reti Tv e i giornali più diffusi) e alla “santa” alleanza pro-TAV tra grandi imprese, banche, schieramento politico al completo dal PD alla Lega con  destre annesse. Ormai solo gli abitanti della Val di Susa e il Movimento 5 Stelle si oppongono alla realizzazione di quel progetto inutile e costosissimo. I tre libri che Le ho inviato possono fornire argomenti utili per contrastare le argomentazioni dei pro-TAV. Data la loro lunghezza ritengo utile allegare alla presente un file “TAV sintesi” che riassume le critiche al progetto da parte di illustri luminari contenute nel volumetto “Travolti dall’Alta Voracità”. Questo file, che scrissi nel 2007, conserva ancora oggi tutta la sua validità e soprattutto condensa credo assai bene il contenuto di quell’aureo libretto. Nella versione che Le accludo le parti in rosso sono le mie sottolineature attuali al testo di 11 anni fa. Il pacco con i tre libri e le mie osservazioni è stato da me spedito intorno al 13 giugno anche alla Presidentessa del Senato, al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, ai due Vice-Presidenti Onorevoli Di Maio e Salvini e al Ministro delle Infrastrutture On. Toninelli. Lei Signor Presidente è stato il primo a comunicarmi l’avvenuta ricezione del pacco e a ringraziarmi per l’invio con e-mail del 20 giugno. Ho anche ricevuto, al riguardo,  una e-mail della Sua Segreteria il 26 luglio. La Presidentessa del Senato mi ha inviato un biglietto di ringraziamento autografo datato 18 luglio. Non ho per ora ricevuto alcun riscontro dagli altri destinatari. Le segnalo che tra gli articoli da me inviati ve ne sono alcuni che smontano gli argomenti dei pro-TAV, tra cui le ipotetiche penali da pagare. Da notare poi che l’argomentazione usata dall’On. Salvini della serie “ormai si è speso tanto, finiamo di costruire la TAV” è confutata, soprattutto nel libretto di cui sopra, dal capitolo di Ivan Cicconi, scomparso di recente, già capo di gabinetto del ministro dei Lavori Pubblici Nerio Nesi nel governo Amato 2000-2001. Tale capitolo quantifica le spese astronomiche che lo Stato Italiano dovrà affrontare nei prossimi decenni per la realizzazione dell’intero progetto di rete TAV  su tutto il territorio nazionale. Questo significa che, cassato il TAV Torino-Lione, perdere due miliardi già spesi vuol dire risparmiare sui folli oneri futuri. Le accludo, oltre al riassunto “TAV sintesi”, il riassunto di una brochure svizzera con tutti i dati sui grandi trafori del Lötschberg e del Gottardo uno dei quali di lunghezza comparabile a quello del TAV Torino-Lione, 57 km, che ha richiesto 17 anni di lavoro e una spesa decollata dagli inziali 19 miliardi di franchi svizzeri ai finali 24 miliardi (20,71 miliardi di euro, aggiornamento preso da altro sito internet)) cifra assai più alta di quella che viene strombazzata sui giornali e nei canali televisivi per il TAV Torino-Lione. Si tratta pertanto di un investimento folle: 20,71 miliardi di euro per soli 2400 posti di lavoro, quando con simili somme si potrebbero creare con piccole opere pubbliche centinaia di migliaia di posti di lavoro. Le allego infine gli indirizzi e-mail di tutti i comitati No-TAV  italiani con aggiunta di uno spagnolo da me raccolti nel 2007 (molti di essi potrebbero non essere più attivi).
Sono perfettamente in sintonia con Lei, Signor Presidente, riguardo al  fenomeno biblico delle migrazioni. Anche su questi argomenti ho raccolto una colossale documentazione ( libri, siti internet, specie quelli non allineati al sentire comune, riviste, articoli di giornale ecc.) che mi servirà per redigere un dossier molto corposo sui migranti al quale aggiungerò alcune idee interessanti sul come risolvere i problemi dell’integrazione e del risanamento delle periferie degradate in cui ghettizziamo i migranti creando seri  problemi di convivenza tra poveri stranieri in arrivo e poveri residenti. Sull’argomento Le segnalo la rivista LEFT.
Per quanto sia consapevole dei numerosissimi impegni che La attendono in quanto Terza Carica dello Stato, sarei molto lieto se fosse possibile incontrarLa di persona.
Nel ringraziarLa per la Sua cortese attenzione, Le invio i miei migliori saluti.
Mariano Puxeddu, geologo CNR
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