Dante e la lirica trobadorica

Quan vei la lauzeta mover” (Quando vedo l’allodoletta muoversi) di Bernart de Ventadorn è una delle più celebri canzoni trobadoriche, qua nell’esecuzione inserita nella magnifica raccolta “Trouverès, Trobadours et grégorien” edita nel 1958 ed ancora oggi disponibile solo su vinile. Il tema della canzone è uno di quelli tipici della lirica trobadorica, ossia la sofferenza per un amore non corrisposto, alla quale l’autore contrappone, in apertura di brano, l’immagine bucolica e serena dell’allodola che vola cantando per poi tacere compiaciuta del proprio canto. A questa immagine ricorre Dante in Paradiso XX, utilizzandola come figurante di una delle tante similitudini che costellano la Commedia, per descrivere il progressivo “indiarsi” degli spiriti giusti disposti a formare la simbolica aquila nel cielo di Giove.
(Indiarsi è uno dei molti esempi di conio lessicale dantesco, e come la più parte di questi risultante da meccanismo di derivazione parasintetico, che compare in Paradiso IV, ad indicare l’internarsi in Dio).

Quale allodetta che ‘n aere si spazia
prima cantando, e poi tace contenta
de l’ultima dolcezza che la sazia,
Par. XX, 73-75

https://www.youtube.com/watch?v=wqrL3j9gV0U&list=OLAK5uy_nQuUttTlPY4IAXL-ijuwCFdIFGsjtvr6Y&index=2

Simone Salvi

Il 16 Dicembre del 1770, o forse il giorno prima, nacque a Bonn Ludwig van Beethoven: quel giorno fu l’aurora della musica contemporanea.

Se avete dei dubbi, vi segnaliamo l’ascolto del secondo movimento della sonata op.111: nel finale sentirete un motivo swing.

LvB arriva a Vienna nel 1792 con una lettera di presentazione scritta dal Conte Waldstein (a cui qualche anno dopo dedicò una celebre sonata) nella quale è presentato al colto pubblico musicale viennese come colui che aveva ricevuto “lo spirito di Haydn dalle mani di Mozart”.   Attraverso il metodo compositivo della variazione sul tema, spesso di piccole cellule tematiche, porta il classicismo musicale alla sua massima complessità. Romantico più nello spirito che nella musica, prefigurò il Novecento musicale, oltre mezzo secolo prima che questo ebbe a venire.

I periscopisti Mariano e Simone, la cui grande amicizia è nata sulle note beethoveniane, lo ricordano con gratitudine.

https://www.youtube.com/watch?v=XW9e28bYbJA

“Però puote anche parere così per l’organo visivo, cioè l’occhio, lo quale per infertade e per fatica si transmuta in alcuno coloramento e in alcuna debilitade; sì come avviene molte volte, che per essere la tunica de la pupilla sanguinosa molto, per alcuna corruzione d’infertade, le cose paiono quasi tutte rubicunde, e però la stella ne pare colorata. 14. E per essere lo viso debilitato, incontra in esso alcuna disgregazione di spirito, sì che le cose non paiono unite ma disgregate, quasi a guisa che fa la nostra lettera in su la carta umida: e questo è quello per che molti, quando vogliono leggere, si dilungano le scritture da li occhi, perché la imagine loro vegna dentro più lievemente e più sottile; e in ciò più rimane la lettera discreta ne la vista. 15. E però puote anche la stella parere turbata: e io fui esperto di questo l’anno medesimo che nacque questa canzone, che per affaticare lo viso molto, a studio di leggere, in tanto debilitai li spiriti visivi che le stelle mi pareano tutte d’alcuno albore ombrate. 16. E per lunga riposanza in luoghi oscuri e freddi, e con affreddare lo corpo de l’occhio con l’acqua chiara, riuni’ sì la vertù disgregata che tornai nel primo buono stato de la vista. E così appaiono molte cagioni, per le ragioni notate, per che la stella puote parere non com’ella è.”

Dante, Convivio III IX 13-16