Statua di Eirene

Mentre in gran parte dei Paesi di questo sventurato pianeta aumentano di anno in anno le spese militari, facciamo un balzo indietro di 2500 anni, con il pensiero e con lo sguardo, all’antica Grecia. Si è soliti affermare, a ragione, che la civiltà greca antica fu l’incubatrice della civiltà stessa. Letterati quali Omero, che pure il Sommo Dante Alighieri definisce “poeta sovrano”, scultori quali Fidia e Prassitele, pensatori quali Socrate, Platone, Aristotele, e molti altri personaggi nei loro diversi ambiti, hanno piantato i semi della civiltà. Semi che spesso hanno germinato dando frutti che esistono, o almeno resistono, ancora oggi. Tra le idee sviluppate in quella fucina del pensiero umano vi fu quella della corrispondenza tra pace e ricchezza, dunque tra pace e benessere della popolazione. La pace era un’idea tanto importante che i greci antichi le dedicarono una dea, di nome Eirene. Dalla traduzione dal greco antico all’italiano, deriva uno dei nomi femminili più belli e ricchi di significato ancora oggi diffuso, Irene, cioè pace. Nella mitologia classica Eirene era una delle Ore, figlia di Zeus e Temi e sorella di Eunomìa e Dike. Anche quest’ultime assunte a ruoli importanti, rispettivamente, quelli di dea dell’ordine e dea della giustizia. Insomma, una triade importante. A partire dal V secolo a.C., il “secolo d’oro” della Grecia antica e di Atene in particolare, numerose sono state le rappresentazioni di Eirene in scultura. Una delle più celebri e incantevoli è quella realizzata nel IV secolo dal grande scultore Cefisodoto Il Vecchio, capostipite di una famiglia di eccellenti scultori e probabilmente padre del più noto Prassitele. Come di molte statue greche di quel periodo ne è giunta a noi in ottime condizioni una copia romana, di autore ignoto, conservata oggi nella Gliptoteca di Monaco di Baviera. L’iconografia è quella più frequente per questo soggetto, con Eirene che porta in braccio Pluto, dio della ricchezza. La statua ebbe talmente successo da essere posta sull’Agorà di Atene e raffigurate su monete dell’epoca. In altre rappresentazioni di questo soggetto, la dea regge con le mani una cornucopia o un ramoscello d’olivo, simboli di prosperità e pace. Insomma, i nostri maestri di civiltà avevano intuito che la pace fosse condizione fondamentale per la prosperità, la ricchezza e il benessere dei popoli. Peccato che nella società moderna questo concetto sia tanto disatteso. Disatteso da noi che spendiamo cifre esorbitanti per una folle corsa agli armamenti, utile solo agli interessi dell’ industria bellica, togliendo risorse alla cultura e al suo mantenimento, lasciando così cadere a pezzi statue e significati di un mondo ormai sempre più lontano.

Simone Salvi