Trilussa, resuscita, te prego

L’elezzione der Presidente (1930)

Un giorno tutti quanti l’animali
Sottomessi ar lavoro
Decisero d’elegge’ un Presidente
Che je guardasse l’interessi loro.

C’era la Societa de li Majali,
La Societa der Toro,
Er Circolo der Basto e de la Soma,
La Lega indipendente

Fra li Somari residenti a Roma,
C’era la Fratellanza
De li Gatti soriani, de li Cani,
De li Cavalli senza vetturini,
La Lega fra le Vacche, Bovi e affini…
Tutti pijorno parte a l’adunanza.

Un Somarello, che pe’ l’ambizzione
De fasse elegge’ s’era messo addosso
La pelle d’un leone,
Disse: – Bestie elettore, io so’ commosso:
La civirtà, la libbertà, er progresso…
Ecco er vero programma che ciò io,
Ch’è l’istesso der popolo! Per cui
Voterete compatti er nome mio… –

Defatti venne eletto propio lui.
Er Somaro, contento, fece un rajo,
E allora solo er popolo bestione
S’accorse de lo sbajo
D’ave’ pijato un ciuccio p’un leone!

– Miffarolo!… Imbrojone!… Buvattaro!…
– Ho pijato possesso,
– Disse allora er Somaro – e nu’ la pianto
Nemmanco si morite d’accidente;
Silenzio! e rispettate er Presidente!

La poesia di Segen

Segen appena sbarcato a Pozzallo il 12 Marzo 2018 

In lingua tigrina Segen è nome di donna, ma nei villaggi eritrei è anche l’attributo con cui vengono indicate persone che per la loro magrezza hanno il collo particolarmente lungo, simile a quello di uno struzzo o di un cammello. Anche Tesfalidet Tesfom,  il ragazzo di 22 anni morto di fame il 13 Marzo scorso all’ospedale di Modica, portava il soprannome Segen. Tesfalidet era partito da Mai Mine, villaggio nella Eritrea devastata e impoverita dal conflitto con l’Etiopia. Dopo un anno e mezzo di permanenza in Libia, dalla quale è riuscito a scappare, il 12 Marzo è stato recuperato in mare insieme ad altre 81 persone dalla nave della ONG spagnola Proactiva Open Arms. Il primario del Pronto Soccorso dell’ospedale di Modica, dottor Roberto Ammatuna, ha raccontato che la vista di Segen gli ha ricordato le immagini delle persone liberate dai campi di concentramento tedeschi. Del resto è stata l’ONU per prima ad utilizzare l’espressione lager in riferimento ai campi profughi in Libia. “Gli ho chiesto perché era in quelle condizioni e lui ripeteva Libia, Libia”, racconta il dottor Vincenzo Morello, il medico dell’Usmaf che al momento dello sbarco ha preso in braccio Segen, come un figlio. Nel portafogli del giovane eritreo, scritte su biglietti intrisi di salsedine, sono state trovate alcune poesie in lingua tigrina che sono state tradotte in italiano e diffuse previa autorizzazione della famiglia. Il corpo di Tesfalidet ridotto a poco più che le ossa, per un totale di appena 35 chili, è stato sepolto nel piccolo cimitero di Modica. Secondo le leggi vigenti in Italia, i molti Segen provenienti dall’Eritrea sono migranti economici, quindi clandestini e per questo motivo da respingere. Quella tra migranti cosiddetti economici e migranti di guerra è una distinzione ipocrita e disumana che dalle pagine di questo blog abbiamo più volte denunciato. Una distinzione che mostra inoltre l’ amnesia globalizzata che sta affliggendo l’ Italia e altri Paesi europei. Limitandosi all’Italia, i cittadini italiani che oggi vorrebbero respingere questi nostri fratelli dimenticano che i milioni di italiani emigrati all’estero nei decenni a cavallo tra Otto e Novecento erano tutti migranti economici, dato che guerre nel Paese non ve ne erano. Davvero paradossale che la Regione nella quale la Lega di Salvini ha ottenuto il maggior consenso elettorale alle ultime elezioni, il Veneto, è stata la Regione dalla quale sono partiti il maggior numero di migranti italiani che scappavano dalla fame al motto di “Mi emigro per magnar”. Dovremmo anche tenere presente che a causare le migrazioni su motivazioni economiche spesso siamo stati, e ancora siamo, proprio noi europei, che viviamo da questa parte del mare e che ci siamo spartiti l’Africa a tavolino in base ai nostri egoismi, alla nostra avidità di denaro e talvolta in nome di una ridicola presunzione di supremazia di diritti su questo pianeta. Riflettendo sulla storia di Tesfalidet e sui tanti Segen che ogni giorno lasciano la loro terra e i loro affetti, penso alla frase che chiude il brano Auschwitz di Francesco Guccini: “Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare”. Forse quel giorno non ci saranno più Segen.

Simone Salvi

Pubblichiamo qua il testo delle poesie di Segen.

Non ti allarmare fratello mio
Non ti allarmare fratello mio,dimmi, non sono forse tuo fratello?
Perché non chiedi notizie di me?
È davvero così bello vivere da soli,
se dimentichi tuo fratello al momento del bisogno?
Cerco vostre notizie e mi sento soffocare
non riesco a fare neanche chiamate perse,
chiedo aiuto,
la vita con i suoi problemi provvisori
mi pesa troppo.
Ti prego fratello, prova a comprendermi,
chiedo a te perché sei mio fratello,
ti prego aiutami,
perché non chiedi notizie di me, non sono forse tuo fratello?
Nessuno mi aiuta,
e neanche mi consola,
si può essere provati dalla difficoltà,
ma dimenticarsi del proprio fratello non fa onore,
il tempo vola con i suoi rimpianti,
io non ti odio,
ma è sempre meglio avere un fratello.
No, non dirmi che hai scelto la solitudine,
se esisti è perché ci sei con le tue false promesse,
mentre io ti cerco sempre,
saresti stato così crudele se fossimo stati figli dello stesso sangue?
Ora non ho nulla,
perché in questa vita nulla ho trovato,
se porto pazienza non significa che sono sazio
perché chiunque avrà la sua ricompensa,
io e te fratello ne usciremo vittoriosi 
affidandoci a Dio.
Tempo sei maestro
Tempo sei maestro
per chi ti ama e per chi ti è nemico,
sai distiunguere il bene dal male,
chi ti rispetta
e chi non ti dà valore.
Senza stancarti mi rendi forte,
mi insegni il coraggio,
quante salite e discese abbiamo affrontato,
hai conquistato la vittoria
ne hai fatto un capolavoro.
Sei come un libro, l’archivio infinito del passato
solo tu dirai chi aveva ragione e chi torto,
perché conosci i caratteri di ognuno,
chi sono i furbi, chi trama alle tue spalle,
chi cerca una scusa,
pensando che tu non li conosci.
Vorrei dirti ciò che non rende l’uomo
un uomo
finché si sta insieme tutto va bene,
ti dice di essere il tuo compagno d’infanzia
ma nel momento del bisogno ti tradisce.
Ogni giorno che passa, gli errori dell’uomo sono sempre di più,
lontani dalla Pace,
presi da Satana,
esseri umani che non provano pietà
o un po’ di pena,
perché rinnegano la Pace
e hanno scelto il male.
Si considerano superiori, fanno finta di non sentire,
gli piace soltanto apparire agli occhi del mondo.
Quando ti avvicini per chiedere aiuto
non ottieni nulla da loro,
non provano neanche un minimo dispiacere,
però gente mia, miei fratelli,
una sola cosa posso dirvi:
nulla è irragiungibile,
sia che si ha tanto o niente,
tutto si può risolvere
con la fede in Dio.
Ciao, ciao
Vittoria agli oppressi

Tesfalidet Tesfom, morto di fame a Modica il 12 Marzo 2018

 

Buona Pasqua con Piero della Francesca

Grazie ad un restauro durato tre anni curato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e finanziato dal mecenate (uomini rari, ahinoi) Aldo Osti, la stupenda Resurrezione di Piero della Francesca è stata restituita al suo splendore. Gli Autori di questo blog fin dalla loro adolescenza nutrono profonda ammirazione per la pittura del grande Piero ed è con questo dipinto che augurano ai loro compagni di navigazione una Buona Pasqua. Forse mai come in questi ultimi tempi dovremmo riflettere sul significato più autentico e profondo della Resurrezione. In un mondo in cui si alzano muri, in cui solidarietà e disperazione diventano dei reati, in cui un uomo che mette in atto i più basilari gesti di umana pietas rischia il carcere, dovremmo recuperare, che si creda o meno in Dio, il messaggio di Gesù contenuto nei Vangeli. Il dipinto di Piero, nella sua austerità, è  estremamente eloquente nell’esprimere il significato più profondo della Resurrezione di Gesù, dunque della Pasqua. Il paesaggio alle spalle di Cristo risorto, letto da sinistra verso destra, ha un doppio significato allegorico. Nella parte sinistra dello sfondo il paesaggio è scarno, brullo e senza alcun segno di presenza o attività umana. E’ la Terra prima della Resurrezione. Alla nostra destra il paesaggio è rinato, ubertoso, ricco di vegetazione e di tracce della presenza umana. E’ la Terra risorta insieme a Cristo. Il pregevole restauro ha restituito il cielo al suo bellissimo azzurro e ci permette di cogliere ogni dettaglio del dipinto. Come in tutti i dipinti di Piero l’atmosfera complessiva pare cristallizzata, ma è proprio questo tratto comune a gran parte della produzione del pittore, che fissa, in questo caso su un pezzo di intonaco, il significato del tema raffigurato. Questo capolavoro pittorico, insieme a Sansepolcro, paese nei pressi di Arezzo che fin dalla sua genesi lo ospita, ha rischiato di andare probabilmente distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale. Il Generale britannico Anthony Clarke nel 1944 guidava un contingente di truppe alleate nell’Italia centrale, a caccia degli ultimi residui di focolai nazifascisti. Quando si trovò nei presso di Sansepolcro il Generale ricordò un passo da “Along the road” di Aldous Huxley, letto quasi vent’anni prima, nel quale lo scrittorie britannico segnala la presenza in paese de “la più bella pittura del mondo”, la Resurrezione di Piero della Francesca. “Dovevo avere diciotto anni quando lessi un saggio di Aldous Huxley. Ricordavo con chiarezza il racconto del suo faticoso viaggio da Arezzo a Sansepolcro e, tuttavia, quanto meritasse farlo quel viaggio, dato che a Sansepolcro c’era la ‘Resurrezione’ di Piero della Francesca, ‘la più bella pittura del mondo’. Feci un calcolo dei bossoli sparati e fui sicuro che se non l’avessi già distrutta, avrei potuto, proseguendo il bombardamento, danneggiarla gravemente. E feci cessare il fuoco.” Queste parole sono scritte in uno dei diari del Generale Clarke rinvenuti a Citta del Capo nel Dicembre del 2011. Memore della lettura del libro di Huxley, Clarke si oppose in ogni modo al cannoneggiare il borgo biturgense, salvando così da distruzione quasi certa dipinto e paese. Al termine del conflitto Anthony Clarke lasciò l’esercito ed aprì una libreria a Città del Capo. La cultura salva, davvero.

Simone Salvi e Mariano Puxeddu

PIERO DELLA FRANCESCA (1416/1417- 1492)

RESURREZIONE

1465 circa

affresco

Basta ipocrisia

Per i cattolici praticanti che affermano “Papa Francesco è un ottimo Papa ma insiste troppo sul dovere di accogliere i migranti”: non è un pensiero di Papa Francesco, è un precetto implicito in molti passaggi del Vangelo. Dunque prima di entrare in Chiesa la domenica mattina per poi guardare torvi il ragazzo che vi chiede aiuto all’uscita della stessa Chiesa, rivedete il vostro rapporto con le Sacre Scritture. Come ha più volte ripetuto Francesco, “Gesù è nei migranti”, perché loro soffrono delle nostre scelte politiche, militari e disumane.

Simone Salvi

Disobbedienza civile

Clandestine dovrebbero essere le persone che promuovono leggi del genere. Se come diceva Don Lorenzo Milani “l’obbedienza non è più una virtù”, in casi come questo la disobbedienza dovrebbe essere obbligatoria.

Simone Salvi

http://www.corriere.it/cronache/18_marzo_18/salva-migrante-incinta-mezzo-neve-guida-alpina-francese-incriminata-d1a9ae24-2abb-11e8-9415-154c580b61c3.shtml

Leonardo Sciascia e il vino

Leonardo Sciascia spilla il vino dalla botte nella cantina della sua casa in campagna Noce, nei dintorni di Racalmuto. Vino che poco dopo avrebbe versato ai suoi commensali. Colui che è stato probabilmente il più grande scrittore italiano della seconda metà del Novecento, sicuramente quello dotato di uno sguardo tra i più lucidi sul suo tempo, era astemio. Sono venuto a conoscenza di questa nota di costume pochi giorni fa e subito, ad un banale dispiacere, ha fatto seguito lo stupore. Sciascia ha spesso scritto sul vino e intorno al vino in molte pagine della sua produzione letteraria. Omaggiando Omero ha intitolato la sua più preziosa e compiuta raccolta di racconti “Il mare colore del vino”, titolo che è citazione pressoché inalterata di quell’ “oinopa ponton” sul quale navigò Odisseo. Ha scritto la prefazione di quel prezioso libro che è “Di terra e di cibo” di Salvatore Vullo, ha tenuto un ricettario e il vino è stato nella sua penna prima che fosse nelle penne dei molti, forse troppi, che ne scrivono oggi. Col vino ha avuto il rapporto più diretto possibile, producendolo. Nel 2009 il Vinitaly dedicò un convegno a Leonardo Sciascia e alle sue pagine dedicate all’enogastronomia. Penso che oggi sarebbe il caso di ripetere eventi del genere. Fosse solo per diffondere l’opera di questo Gigante. Da parte mia, che ricorro alle sue pagine anche a scopo terapeutico, o almeno consolatorio, va a lui un immenso e perpetuo grazie.

Simone Salvi

SICILY. Racalmuto. Italian writer Leonardo SCIASCIA in the cellar of his country house.

“L’Italia è un Paese ammalato di disinformazione”

Questa mi era sfuggita. Si tratta di un’affermazione gravissima e priva di senso. Dato per scontato che i vaccini sono stati, e restano, una delle più grandi conquiste dell’umanità, il problema è che il dibattito scientifico, in Italia, ma non solo, è sempre di basso livello e a far da moderatore è spesso la disinformazione. Le discussioni sul tema delle vaccinazioni, dovrebbero partire dalla doverosa e scientifica premessa che la Medicina non è una scienza esatta, ergo il rischio zero non vi esiste. Mi tornano in mente le parole del compianto Prof.Luigi Di Bella: “L’Italia è un Paese ammalato di disinformazione, e la disinformazione ha una capacità criminale inimmaginabile”. E’ la disinformazione, soprattutto quella scientifica, ad essere criminale. Certamente non i vaccini. Azioniamo il cervello, studiamo, chiediamo agli scienziati e diffidiamo dei tuttologi da bar.

Simone Salvi

http://www.lastampa.it/2018/01/27/italia/politica/il-vaccino-un-genocidio-limprenditrice-candidata-ora-oscura-il-profilo-social-y3WP99AxUPHugYqgghxhUL/premium.html

“Giorno della Memoria”

Dato che domani, 27 Gennaio, sarà il “Giorno della Memoria”, vorrei ricordare che paragonare il nazismo con altri crimini perpetrati nei confronti dell’umanità, è un atto di stupidità. Nella storia non è accaduto nient’altro di paragonabile al nazismo. Mai fino ad allora era stato concepito, o almeno messo così sistematicamente in atto, un programma tanto preciso ed efficiente di sterminio totale di una parte di popolazione in base a motivazioni “razziali” (le virgolette sono d’obbligo, visto che scientificamente le razze non esistono) e non solo, con il preciso scopo, tra gli altri, di selezionare e creare una “razza” unica e superiore. Il paragone più frequente viene posto con i crimini commessi da Stalin, un paragone insensato che ha il solo fine della strumentalizzazione politica.

 

Simone Salvi