Nelle miniere di Coltan

In questo video trasmesso dal programma televisivo Nemo potete conoscere in modo approfondito la realtà della miniere congolesi nelle quali si estrae il Coltan. Coltan è la forma abbreviata di columbite- tantalite, una lega metallica complessa a base di Tantalio largamente utilizzata dall’industria degli smartphone. Il video è eloquente sulla condizione dei lavoratori di queste miniere, condizione che è più simile alla schiavitù che al lavoro. I turni lavorativi sono di almeno dodici ore al giorno per una retribuzione mensile di circa 50 dollari. Molte di queste persone scappano da quella condizione per cercare un lavoro e una vita più dignitosa altrove, raggiungendo spesso l’Europa. E in Europa le leggi classificano loro come migranti “economici”, cioè persone che non scappano dalla guerra e che per questo non hanno diritto allo status di rifugiato, risultando perciò “clandestini” e quindi da espellere. Uno dei gesti più comuni della nostra quotidianità è quello di tenere in mano il nostro smartphone. Forse è proprio dalla visione di questo video che dovremmo iniziare a riflettere sullo sfruttamento, sulla disumanità e sulla sofferenza che questo comune dispositivo elettronico contiene. E forse, allora, smetteremmo finalmente di pensare di poter respingere questi esseri umani.

Simone Salvi

 

https://www.youtube.com/watch?v=WCFKWgu4u1g

 

La poesia di Segen

Segen appena sbarcato a Pozzallo il 12 Marzo 2018 

In lingua tigrina Segen è nome di donna, ma nei villaggi eritrei è anche l’attributo con cui vengono indicate persone che per la loro magrezza hanno il collo particolarmente lungo, simile a quello di uno struzzo o di un cammello. Anche Tesfalidet Tesfom,  il ragazzo di 22 anni morto di fame il 13 Marzo scorso all’ospedale di Modica, portava il soprannome Segen. Tesfalidet era partito da Mai Mine, villaggio nella Eritrea devastata e impoverita dal conflitto con l’Etiopia. Dopo un anno e mezzo di permanenza in Libia, dalla quale è riuscito a scappare, il 12 Marzo è stato recuperato in mare insieme ad altre 81 persone dalla nave della ONG spagnola Proactiva Open Arms. Il primario del Pronto Soccorso dell’ospedale di Modica, dottor Roberto Ammatuna, ha raccontato che la vista di Segen gli ha ricordato le immagini delle persone liberate dai campi di concentramento tedeschi. Del resto è stata l’ONU per prima ad utilizzare l’espressione lager in riferimento ai campi profughi in Libia. “Gli ho chiesto perché era in quelle condizioni e lui ripeteva Libia, Libia”, racconta il dottor Vincenzo Morello, il medico dell’Usmaf che al momento dello sbarco ha preso in braccio Segen, come un figlio. Nel portafogli del giovane eritreo, scritte su biglietti intrisi di salsedine, sono state trovate alcune poesie in lingua tigrina che sono state tradotte in italiano e diffuse previa autorizzazione della famiglia. Il corpo di Tesfalidet ridotto a poco più che le ossa, per un totale di appena 35 chili, è stato sepolto nel piccolo cimitero di Modica. Secondo le leggi vigenti in Italia, i molti Segen provenienti dall’Eritrea sono migranti economici, quindi clandestini e per questo motivo da respingere. Quella tra migranti cosiddetti economici e migranti di guerra è una distinzione ipocrita e disumana che dalle pagine di questo blog abbiamo più volte denunciato. Una distinzione che mostra inoltre l’ amnesia globalizzata che sta affliggendo l’ Italia e altri Paesi europei. Limitandosi all’Italia, i cittadini italiani che oggi vorrebbero respingere questi nostri fratelli dimenticano che i milioni di italiani emigrati all’estero nei decenni a cavallo tra Otto e Novecento erano tutti migranti economici, dato che guerre nel Paese non ve ne erano. Davvero paradossale che la Regione nella quale la Lega di Salvini ha ottenuto il maggior consenso elettorale alle ultime elezioni, il Veneto, è stata la Regione dalla quale sono partiti il maggior numero di migranti italiani che scappavano dalla fame al motto di “Mi emigro per magnar”. Dovremmo anche tenere presente che a causare le migrazioni su motivazioni economiche spesso siamo stati, e ancora siamo, proprio noi europei, che viviamo da questa parte del mare e che ci siamo spartiti l’Africa a tavolino in base ai nostri egoismi, alla nostra avidità di denaro e talvolta in nome di una ridicola presunzione di supremazia di diritti su questo pianeta. Riflettendo sulla storia di Tesfalidet e sui tanti Segen che ogni giorno lasciano la loro terra e i loro affetti, penso alla frase che chiude il brano Auschwitz di Francesco Guccini: “Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare”. Forse quel giorno non ci saranno più Segen.

Simone Salvi

Pubblichiamo qua il testo delle poesie di Segen.

Non ti allarmare fratello mio
Non ti allarmare fratello mio,dimmi, non sono forse tuo fratello?
Perché non chiedi notizie di me?
È davvero così bello vivere da soli,
se dimentichi tuo fratello al momento del bisogno?
Cerco vostre notizie e mi sento soffocare
non riesco a fare neanche chiamate perse,
chiedo aiuto,
la vita con i suoi problemi provvisori
mi pesa troppo.
Ti prego fratello, prova a comprendermi,
chiedo a te perché sei mio fratello,
ti prego aiutami,
perché non chiedi notizie di me, non sono forse tuo fratello?
Nessuno mi aiuta,
e neanche mi consola,
si può essere provati dalla difficoltà,
ma dimenticarsi del proprio fratello non fa onore,
il tempo vola con i suoi rimpianti,
io non ti odio,
ma è sempre meglio avere un fratello.
No, non dirmi che hai scelto la solitudine,
se esisti è perché ci sei con le tue false promesse,
mentre io ti cerco sempre,
saresti stato così crudele se fossimo stati figli dello stesso sangue?
Ora non ho nulla,
perché in questa vita nulla ho trovato,
se porto pazienza non significa che sono sazio
perché chiunque avrà la sua ricompensa,
io e te fratello ne usciremo vittoriosi 
affidandoci a Dio.
Tempo sei maestro
Tempo sei maestro
per chi ti ama e per chi ti è nemico,
sai distiunguere il bene dal male,
chi ti rispetta
e chi non ti dà valore.
Senza stancarti mi rendi forte,
mi insegni il coraggio,
quante salite e discese abbiamo affrontato,
hai conquistato la vittoria
ne hai fatto un capolavoro.
Sei come un libro, l’archivio infinito del passato
solo tu dirai chi aveva ragione e chi torto,
perché conosci i caratteri di ognuno,
chi sono i furbi, chi trama alle tue spalle,
chi cerca una scusa,
pensando che tu non li conosci.
Vorrei dirti ciò che non rende l’uomo
un uomo
finché si sta insieme tutto va bene,
ti dice di essere il tuo compagno d’infanzia
ma nel momento del bisogno ti tradisce.
Ogni giorno che passa, gli errori dell’uomo sono sempre di più,
lontani dalla Pace,
presi da Satana,
esseri umani che non provano pietà
o un po’ di pena,
perché rinnegano la Pace
e hanno scelto il male.
Si considerano superiori, fanno finta di non sentire,
gli piace soltanto apparire agli occhi del mondo.
Quando ti avvicini per chiedere aiuto
non ottieni nulla da loro,
non provano neanche un minimo dispiacere,
però gente mia, miei fratelli,
una sola cosa posso dirvi:
nulla è irragiungibile,
sia che si ha tanto o niente,
tutto si può risolvere
con la fede in Dio.
Ciao, ciao
Vittoria agli oppressi

Tesfalidet Tesfom, morto di fame a Modica il 12 Marzo 2018