Mar Mediterraneo, Marzo 2018

Mar Mediterraneo, Marzo 2018. Sì, 2018.

“Quello che mi impressiona è che sembra di tornare a 70 anni fa, quando abbiamo visto quelle drammatiche scene di un campo di concentramento e quegli esseri umani, gli ebrei, ridotti pelle e ossa. […] Arrivano persone malnutrite, morte di fame e di sete o per stenti fisici. Ci vuole una strategia europea, un Paese civile non può tirarsi indietro.”

Dr. Roberto Ammatuna, Sindaco di Pozzallo e Primario di Medicina d’Emergenza e Urgenza all’Ospedale di Modica.

Simone Salvi

Disobbedienza civile

Clandestine dovrebbero essere le persone che promuovono leggi del genere. Se come diceva Don Lorenzo Milani “l’obbedienza non è più una virtù”, in casi come questo la disobbedienza dovrebbe essere obbligatoria.

Simone Salvi

http://www.corriere.it/cronache/18_marzo_18/salva-migrante-incinta-mezzo-neve-guida-alpina-francese-incriminata-d1a9ae24-2abb-11e8-9415-154c580b61c3.shtml

Migranti cosiddetti “economici”

I migranti cosiddetti “economici”, quelli che secondo certe leggi vigenti in alcuni Stati europei sarebbero “clandestini”, quindi da respingere, sono persone che muoiono di fame o che rischiano ciò.

Simone Salvi

http://www.globalist.it/world/articolo/2018/03/16/l-orrore-la-fame-e-la-morte-in-uno-sguardo-2021145.html

Amnesia globalizzata

In Europa, dove i migranti sono il capro espiatorio quasi di ogni problema, alla “globalizzazione dell’indifferenza” già denunciata da Papa Francesco a Lampedusa nel 2013, si sta aggiungendo, in particolare nel comportamento verso queste persone da parte di Paesi quali Austria, Ungheria e Polonia, un’amnesia globalizzata verso la Storia.

“L’obbedienza non è più una virtù”

Non vogliono essere chiamati passeurs perché a differenza di loro non prendono soldi. I sacerdoti delle valli piemontesi che aiutano i nostri fratelli migranti ad arrivare “clandestinamente” in Francia praticano così quella sana disobbedienza all’autorità costituita e alle leggi scritte che si rende necessaria quando sono queste ad essere disobbedienti ad ogni principio di civiltà. Questi eroi moderni, perché tali diventano in una società che vieta alcuni tra i gesti più umani, dare da mangiare, dare da bere, accogliere, perpetuano così quella disobbedienza civile che trova precedenti illustri almeno 2500 anni fa nel mito di Antigone e più vicino ai giorni nostri nell’agire di Don Lorenzo Milani, nel solco del motto di quest’ultimo “l’obbedienza non è più una virtù”.

Simone Salvi

http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/08/28/news/in_marcia_coi_migranti_che_valicano_le_alpi_aiutati_dai_preti_passeur-174057567/

 

Ma quale identità nazionale?

Questa riflessione nasce da una frase pronunciata dall’ottimo Maurizio Crozza nella puntata del suo Fratelli di Crozza del 2 Dicembre scorso: “in Italia ai migranti spariamo con gli idranti, ai fascisti diamo i microfoni”. Il duplice riferimento era ai brutali metodi usati dalla Polizia durante lo sgombero dello stabile di via Curtatone a Roma lo scorso 24 Agosto e alla totale indifferenza da parte dello Stato nei confronti dei recenti fatti di Como. Stato che dovrebbe essere in prima linea nel ricordare e nell’affermare che il fascismo non è un’opinione. Un’ideologia basata sull’imposizione e sull’uso della violenza, sia questa fisica che verbale, verso coloro che la pensano diversamente, non è un’opinione ma una violazione del diritto alla libertà di espressione. Diritto sancito dalla nostra bellissima Costituzione. Un testo che, occorre ricordare, non è neutro perché nato dalle ceneri del nazifascismo e della guerra. Un testo che come ci ricordano le bellissime parole del padre costituente Piero Calamandrei è nato “nelle montagne dove caddero i partigiani, nella carceri dove furono imprigionati”. Un testo che è uno stupendo fiore nato dal sangue, dalle riflessione sulla violenza che fu e che ci invita a non ripetere quegli errori. Il soffiare di venti fascisti nel nostro sventurato Paese, ormai con frequenza crescente, trova terreno colturale e si concretizza soprattutto nell’odio verso i nostri fratelli migranti in nome di una ridicola valorizzazione della nostra identità nazionale al grido di “Prima gli italiani”. Ma quale identità nazionale? Quella etrusca o quella greca? Quella araba o quella normanna? O quella longobarda? Quei “quattro ragazzi”, come li ha superficialmente definiti Matteo Salvini, dovrebbero tornare sui libri di storia. E tutti noi dovremmo ricordarci che se c’è un popolo su questa Terra che può veramente parlare di identità nazionale, questo è l’Africa, culla dell’uomo. Africa che noi europei ci siamo spartiti a tavolino nell’ambito di una politica coloniale, depredando Stati e talvolta sterminando le popolazioni locali. Con quale coraggio oggi ci mettiamo sulla bocca la frase “se vengono a casa nostra devono rispettare la nostra cultura”? Noi che non abbiamo avuto alcun rispetto della loro e di loro quando in Eritrea abbiamo usato il gas nervino. A questa osservazione i redivivi fascisti potrebbero rispondere che lo abbiamo fatto in nome della conquista, dell’ampliamento dei nostri domini e che la guerra è guerra. Allora consigliamo loro di rileggersi una poesia di Trilussa  dal titolo “Le formiche e er ragno”, che come molte poesie del poeta romanesco è ancora oggi attuale.

“Un gruppo de Formiche,
doppo tanto lavoro,
doppo tante fatiche,
s’ereno fatte la casetta loro
all’ombra der grispigno e de l’ortiche:
una casetta commoda e sicura
incanalata drent’a una fessura.

Ècchete che un ber giorno
un Ragno de lì intorno,
che viveva in un bucio troppo stretto,
vidde la casa e ce pijò possesso
senza nemmanco chièdeje er permesso.

— Formiche mie, — je disse co’ le bone —
quello che sta qui drento è tutto mio:
fateme largo e subbito! Er padrone
d’ora in avanti nun sarò che io;
però m’accorderò cór vostro Dio
e ve rispetterò la religgione. —

Ma allora una Formica de coraggio
incominciò a strillà: — Che propotenza!
Questo è un vero sopruso! Un brigantaggio!
Perché nun è né giusto né legale… —

Er Ragno disse: — Forse, a l’apparenza:
ma, in fonno, è ‘na conquista coloniale.”

 

Ah, in riferimento ai fatti di Como persino il vecchio Umberto Bossi si è dissociato da quelle persone redarguendo il suo compagno di partito Salvini. Certo che se ci troviamo a dover dar ragione a Bossi, siamo messi davvero male.

 

Simone Salvi