Uso antico di “piuttosto che”

Marco Polo ne Il Milione scrive del “vino di riso” e usa il nostro “piuttosto che” nella sua accezione più antica, ovvero con il valore di “più rapidamente”, dove più e tosto sono parole separate. Quella de Il Milione, insieme alla coeva presenza nella Retorica di Brunetto Latini, sono tra le attestazioni più antiche di una locuzione, il cui odierno oscillare tra l’uso con valore comparativo (quello corretto) e l’uso con valore disgiuntivo, è oggetto di ricorrenti discussioni linguistiche.

“ch’egli è meglio da bere che nullo altro vino: egli è chiaro e bello e inebria piú tosto ch’altro vino, percioch’è molto caldo.”

Riflessione su Lorenzo Lotto

Pittore gigantesco, che ebbe la sventura di trovarsi, come si suol dire, nel posto sbagliato nel momento sbagliato: nella Venezia dominata dal Maestro Tiziano.
Direi quasi dantesco, per il suo peregrinare, durante il quale fu persino a Roma incaricato di affrescare le “Stanze” vaticane, ma anche lì fu spiazzato dall’arrivo di Raffaello Sanzio.
Di statura artistica rimarchevole, nello scorcio della sua vita si fece oblato a Loreto.
Penso che mi sarebbe risultato simpatico.

Simone Salvi

LORENZO LOTTO
Madonna del Rosario
1539
olio su tela

Uno degli incipit più celebri della Commedia, con lo splendido commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi

“Questo celebre attacco, che canta la nostalgia che sorprende, all’ora del tramonto, chi ha lasciato la propria patria, è retoricamente una perifrasi di tempo, come spesso se ne trovano in apertura di canto: si vuol designare infatti l’ora che segna l’inizio della notte, quell’ora che nell’ufficio canonico è detta «Compieta», come il suono della campana (v. 5) e l’inno cantato dalle anime (v. 13) lasciano chiaramente intendere. Ma la perifrasi diventa qui straordinaria proposizione di un grande tema, che investe da un lato tutta la condizione purgatoriale, e dall’altro la vita stessa di Dante: è il tema dell’esilio, proprio delle anime che sospirano la patria eterna, e insieme condizione storica, e dolorosa, del poeta narratore, che l’uno e l’altro esilio conosce e soffre in se stesso. In questo intreccio, e nella sobrietà che tempera e regge la pur grande dolcezza del sentimento, sta la grandezza e la suggestione di questa terzina.”

Anna Maria Chiavacci Leonardi

Era già l’ora che volge il disio
ai navicanti e ‘ntenerisce il core
lo dì c’ han detto ai dolci amici addio;
e che lo novo peregrin d’amore
punge, se ode squilla di lontano
che paia il giorno pianger che si more;
quand’io incominciai a render vano
l’udire e a mirare una de l’alme
surta, che l’ascoltar chiedea con mano.
Ella giunse e levò ambo le palme,
ficcando li occhi verso l’orïente,
come dicesse a Dio: ’D’altro non calme’.
’Te lucis ante’ sì devotamente
le uscìo di bocca e con sì dolci note,
che fece me a me uscir di mente;
e l’altre poi dolcemente e devote
seguitar lei per tutto l’inno intero,
avendo li occhi a le superne rote.

Purg., VIII, 1-18.

Sui risultati elettorali in Emilia-Romagna e Calabria

Bene, molto bene.
Adesso subito al lavoro per rimuovere i decreti cosiddetti “Sicurezza”.
Dispiace molto per la Calabria, dove il mio pensiero e un mio abbraccio vanno a Nicola Gratteri
Quanto ai Cinque Stelle: questo dimostra che il non prendere chiara posizione, il non schierarsi nettamente, in politica non pagano. Menomale.
Un grande grazie alle Sardine.
E poi, che altro dire? Ah, sì, Salvini: tiè.

Simone Salvi

 

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/01/27/regionali-zingaretti-grazie-a-bonaccini-e-un-grazie-immenso-alle-sardine-salvini-ha-perso-ora-il-m5s-scelga-dove-stare/5686084/?fbclid=IwAR2T3f386bhZaYAv4hFvLgydPm1gI4G6YRKulO-ul1tq9ypYRjpLmeogvjc

Dante e la lirica trobadorica

Quan vei la lauzeta mover” (Quando vedo l’allodoletta muoversi) di Bernart de Ventadorn è una delle più celebri canzoni trobadoriche, qua nell’esecuzione inserita nella magnifica raccolta “Trouverès, Trobadours et grégorien” edita nel 1958 ed ancora oggi disponibile solo su vinile. Il tema della canzone è uno di quelli tipici della lirica trobadorica, ossia la sofferenza per un amore non corrisposto, alla quale l’autore contrappone, in apertura di brano, l’immagine bucolica e serena dell’allodola che vola cantando per poi tacere compiaciuta del proprio canto. A questa immagine ricorre Dante in Paradiso XX, utilizzandola come figurante di una delle tante similitudini che costellano la Commedia, per descrivere il progressivo “indiarsi” degli spiriti giusti disposti a formare la simbolica aquila nel cielo di Giove.
(Indiarsi è uno dei molti esempi di conio lessicale dantesco, e come la più parte di questi risultante da meccanismo di derivazione parasintetico, che compare in Paradiso IV, ad indicare l’internarsi in Dio).

Quale allodetta che ‘n aere si spazia
prima cantando, e poi tace contenta
de l’ultima dolcezza che la sazia,
Par. XX, 73-75

https://www.youtube.com/watch?v=wqrL3j9gV0U&list=OLAK5uy_nQuUttTlPY4IAXL-ijuwCFdIFGsjtvr6Y&index=2

Simone Salvi