In merito al dibattito sul Salone del Libro 2019

Insomma, non andrei al Salone del Libro. Non stiamo parlando di uno scambio di opinioni. Oggi ci troviamo ancora a dover ricordare che il fascismo non è un’opinione ma la negazione della libera espressione della stessa e, per la nostra bella Costituzione, un reato. Non si può dar voce ai fascisti, che le voci a loro opposte le hanno messe, e le metterebbero, a tacere. Porto un esempio, fra i tanti.

Simone Salvi

Il 27 Aprile del 1937, stremato dalle violenze fasciste e dagli anni di carcere, moriva Antonio Gramsci.

Nella prima lettera scritta dal carcere poco dopo l’arresto nell’autunno nel 1926, ed indirizzata alla signora Clara, sua padrona di casa, il grandissimo intellettuale chiedeva, tra i pochi altri effetti personali, “una Divina Commedia di pochi soldi”. Il “Dante minuscolo hoepliano” poté essergli consegnato solo dopo due anni, assieme al saggio di Benedetto Croce “La poesia di Dante”. Studiando il testo di Croce, Gramsci maturò un’ampia riflessione sulla Commedia e in particolare sulla figura, centralissima, di Cavalcante, che compare nel canto X dell’Inferno, noto tra gli specialisti come “il canto di Farinata”. Tale riflessione venne annunciata in una lettera del 1929 in cui scrive di “aver fatto una piccola scoperta che […] verrebbe a correggere in parte una tesi troppo assoluta di B. Croce sulla Divina Commedia”.
Nell’articolo qua sotto la vicenda nel dettaglio.
Certamente commuove leggere che Gramsci, privato della libertà come Primo Levi, Osip Mandel’ stam e chissà quanti altri meno noti, trovò conforto nella Commedia.

Simone Salvi

https://www.laletteraturaenoi.it/index.php/scuola_e_noi/902-gramsci-critico-e-interprete-di-dante.html