Mese: aprile 2020
Uno sguardo a uno dei momenti più alti del Purgatorio
Dopo il commosso incontro di Dante e Virgilio con Stazio avvenuto nel canto XXI del Purgatorio, una parte importante del canto XXII è dedicata al racconto dell’avvio all’attività poetica e della conversione al cristianesimo da parte del poeta latino, che ha appena terminato il suo periodo di espiazione ed è dunque pronto a salire al Paradiso. Proprio in questa narrazione, svolta in forma di dialogo tra Virgilio e Stazio, incontriamo alcuni dei versi più alti della cantica e di tutto il poema, che racchiudono inoltre in sé uno dei temi centrali del Purgatorio, ovvero la salvezza raggiunta tramite la fede.
Riportiamo questo passaggio, fatto di terzine celebri e grandissime:
“Se così è, qual sole o quai candele
ti stenebraron sì, che tu drizzasti
poscia di retro al pescator le vele?”.
Ed elli a lui: “Tu prima m’invïasti
verso Parnaso a ber ne le sue grotte,
e prima appresso Dio m’alluminasti.66
Facesti come quei che va di notte,
che porta il lume dietro e sé non giova,
ma dopo sé fa le persone dotte,
quando dicesti: ’Secol si rinova;
torna giustizia e primo tempo umano,
e progenïe scende da ciel nova’.
Per te poeta fui, per te cristiano:”
(Purg., XXII 61-73)
Prima di parafrasarle e spiegarne il contenuto dobbiamo richiamare un concetto, certamente ovvio ma importantissimo: a scrivere è Dante e spesso Dante, durante tutto l’arco della Commedia, affida alla voce dei personaggi incontrati l’esposizione di posizioni e idee personali. Questo accade con particolare frequenza e intensità proprio nel Purgatorio, che, sarà utile ricordare, è la cantica nella quale il Poeta incontra molti conoscenti e amici della Firenze in cui visse fino all’esilio avvenuto nel 1302. Nei versi che stiamo commentando questa identificazione, seppur implicita, tra Dante autore e anima incontrata, acquista particolare rilievo, tanto da farci accorgere che qui “Stazio parla come Dante, egli parla in realtà per Dante. […] e sembra [Dante] qui citare sé stesso”, come giustamente notò la compianta dantista Anna Maria Chiavacci Leonardi nel suo commento alla Commedia per Mondadori.
“Quale lume, celeste (grazia divina) o terrestre (parola umana) ti tolsero dalle tenebre così che decidesti di convertirti al cristianesimo?” – chiede Virgilio a Stazio. Si noti che stenebrare è una tipica coniazione lessicale dantesca; mentre il pescatore è San Pietro, indicato da Gesù come pescatore di uomini. Stazio risponde che Virgilio lo avviò allo stesso tempo alla poesia (il Parnaso è il monte sul quale secondo la mitologia risiedevano le Muse) e verso Dio. Il verso successivo richiama l’immagine, diffusa già nel mondo antico e ancora viva nel Medioevo, del lampadoforo, il servo che con la lanterna precedeva nel cammino notturno il padrone illuminandogli la strada. Dunque Stazio sta dicendo a Virgilio che con la sua opera poetica era stato sia maestro nell’arte della poesia sia promotore di conversione religiosa. A questo punto Dante inserisce nel testo una traduzione pressoché letterale di un passo della quarta egloga, la più celebre delle composizioni bucoliche di Virgilio: “Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo / iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna; / iam nova progenies caelo demittitur alto” (Ecl. IV 5-7) : “Una grande serie di secoli ricomincia di nuovo: ritorna la vergine Astrea, ritorna il regno di Saturno; dall’alto del cielo discende una nuova progenie”. Virgilio, interpretando il diffuso sentimento millenaristico che caratterizzava l’età di Augusto, un sentimento di attesa di nuovi tempi felici, canta della nascita di un puer (un bambino, molto probabilmente da identificare in un rampollo della cerchia di Ottaviano) che porterà una nuova età dell’oro; fu facile per i cristiani applicare questi versi all’annuncio dell’avvento del loro Messia (Gesù). Ritroviamo questa interpretazione in significativi esponenti del Cristianesimo, a partire da Costantino (citato dal suo biografo Eusebio), passando per Sant’Agostino fino ad alcuni più vicini a Dante, come Papa Innocenzo III. Prosegue Stazio dicendo che grazie (per te) a Virgilio divenne poeta e cristiano. Forse è questo il verso centrale di questo bellissimo passo, con il quale Dante, per bocca di Stazio, omaggia il maestro Virgilio. E il rimando più evidente è ai versi di Inferno I, dove Dante, questa volta personaggio, dice direttamente a Virgilio, seppur con parole diverse, quanto per lui fu egli maestro:
“Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo bello stilo che m’ ha fatto onore.”
(Inf., I 85-87)
Simone Salvi
Riflessione a seguito della lettura di un articolo di Repubblica
Cari amici (anche se non so quanti mi resteranno tali dopo quanto sto per scrivere), spero mi consentirete il tono colloquiale dello scritto. A un certo punto dell’articolo qua sotto si legge “CON IL MANTENIMENTO DI UN LOCKDOWN FERREO L’EPIDEMIA SI ESAURIREBBE IN UNO-DUE MESI” (la frase è virgolettata perché è una citazione letterale dall’intervista). Due mesi non sarebbero un’eternità. Eppure è evidente che l’economia del Paese non se lo può permettere e dunque si ripartirà, quasi definitivamente, tra il 4 maggio e il 1 giugno. Andando incontro a quale rischio? A quale prezzo? L’epidemiologia è una scienza computazionale, cioè esatta, e ci dice che a metà giugno potremmo ritrovarci di nuovo con le terapie intensive piene e che a fine anno rischiamo di contare 70mila morti. L’alternativa, che comunque non porterebbe al cessare dell’epidemia, consiste nell’identificazione serrata dei contagiati asintomatici attraverso tamponi a tappeto su tutta la popolazione, isolamento dei positivi e incrocio dei dati ricavati con i risultati dei test sierologici per cercare di capire la durata dell’immunità verso questo virus che conosciamo da appena quattro mesi (cioè nulla in termini scientifici). Ad oggi pare che questa seconda via sia purtroppo scarsamente praticata, se non con modalità localizzate. Quanto alle misure di distanziamento sociale, dubito che saranno rispettate in modo rigoroso, fosse solo per una più che comprensibile ragione emotiva a seguito della riacquistata libertà. Insomma: i rischi di trovarci tra un paio di mesi nella stessa situazione di due mesi fa, se non peggiore, è drammatico. Ma ce lo ripetono e ce lo ripetiamo: dobbiamo ripartire, l’economia non regge. Vero. Però non posso fare a meno di pensare e scrivere che con l’applicazione immediata di una patrimoniale entrerebbero nelle casse dello Stato un bel po’di soldi. E che se negli anni si fosse attuata una lotta SERIA all’evasione fiscale, la situazione economica, ancora in termini di casse dello Stato, sarebbe oggi meno disastrosa e forse, di conserva con la già evocata patrimoniale, ci permetterebbe di reggere ancora un po’di lockdown. Invece queste due misure quasi nessuno le vuole. Però siamo il Paese che sbraita di volere il taglio dei parlamentari e dello stipendio degli stessi, provvedimenti che come sappiamo porterebbero poco più che briciole nelle saccocce del Paese.
A presto, cari amici, con il prossimo sguardo del periscopio su un bellissimo passo da Purgatorio XXII.
Simone Salvi
JOHN EVERETT MILLAIS, Gesù nella casa dei genitori, olio su tela, 1850, Londra, Tate Gallery
Lezione del prof. Giuseppe Patota intitolata “Tendere la lingua come un elastico: l’italiano nella lingua di Dante”
Un ottimo Francesco Guccini rivede “Bella ciao” in chiave anti-Salvini, Meloni e Berlusconi
Ovviamente la risposta della “Melona”, meglio nota come “Ollolanda”, non si è fatta attendere ed è giunta ieri sera attraverso un tweet che è una palese ammissione di fascismo.