Il Maestro a Che tempo che fa del 24/02/2019

Ieri sera a Che tempo che fa il Maestro ha parlato di molte cose, tra le quali l’importanza del valore dell’accoglienza dei migranti, ricordando di quando migranti lo sono stati gli italiani. Condivido questo momento accompagnandolo ad una riflessione che sottende una speranza: forse molti sostenitori di Salvini e di questo Governo non sanno, non conoscono. Non sanno, ad esempio, che non c’ è nessuna invasione, che i migranti e i trafficanti di uomini (uguaglianza spesso praticata dal Ministro dell’Inferno a fini elettorali) non sono le stesse persone, che le ONG non sono associazioni a delinquere e che senza la presenza delle loro navi in mare la gente muore, che l’Africa dalla quale queste persone fuggono non è la pacchia e che il Decreto chiamato Sicurezza non è affatto tale ma anzi aumenta il numero di persone per strada e quindi la possibilità che queste cadano nella morsa della criminalità organizzata o che delinquano per disperazione. Non sanno che in Libia vi sono i lager per migranti, che il Paese è stato dichiarato porto non sicuro dalle Nazioni Unite già nel Febbraio 2012 e che rimandarci persone è violazione dei diritti umani. Non sanno che lì, davvero, i buoni e i cattivi si confondono, essendo molti uomini della inesistente Guardia Costiera libica spesso complici dei trafficanti di esseri umani o essi stessi torturatori nei lager.
Non sanno. Dunque, seminiamo il sapere: forse crescerà umanità.

ANDREA CAMILLERI A CHE TEMPO CHE FA

“Il sapere si deve seminare come si semina il grano, il sapere non deve essere un'élite.”Andrea Camilleri a Che Tempo Che Fa.

Posted by Che tempo che fa on Sunday, 24 February 2019

N. Machiavelli, Lettera a Francesco Vettori

Tra le più belle epistole della letteratura italiana, o forse proprio la più bella. A renderla tale basterebbe la stupenda chiusa: “Sis felix” (sii felice).

Magnifico oratori Florentino Francisco Vectori apud Summum Pontificem et benefactori suo. Romae

(A Francesco Vettori, Magnifico ambasciatore fiorentino presso il Sommo Pontefice, proprio benefattore. In Roma)

Magnifico ambasciatore. Tarde non furon mai grazie divine. Dico questo, perché mi pareva haver perduta no, ma smarrita la grazia vostra, sendo stato voi assai tempo senza scrivermi; ed ero dubbio donde potessi nascere la cagione. E di tutte quelle mi venivono nella mente tenevo poco conto, salvo che di quella quando io dubitavo non vi havessi ritirato da scrivermi, perché vi fussi suto scritto che io non fussi buon massaio delle vostre lettere; e io sapevo che, da Filippo e Pagolo in fuora, altri per mio conto non le haveva viste. Hònne rihaùto per l’ultima vostra de’ 23 del passato, dove io resto contentissimo vedere quanto ordinatamente e quietamente voi esercitate cotesto ufizio publico; e io vi conforto a seguire così, perché chi lascia i sua comodi per li comodi d’altri, e’ perde e’ sua, e di quelli non li è saputo grado. E poiché la fortuna vuol fare ogni cosa, ella si vuole lasciarla fare, stare quieto e non le dare briga, e aspettar tempo che la lasci fare qualche cosa agl’huomini; e all’hora starà bene a voi durare più fatica, vegliar più le cose, e a me partirmi di villa e dire: eccomi. Non posso pertanto, volendo rendere pari grazie, dirvi in questa mia lettera altro che qual sia la vita mia; e se voi giudicate che sia a barattarla con la vostra, io sarò contento mutarla.

Io mi sto in villa; e poi che seguirono quelli miei ultimi casi, non sono stato, ad accozzarli tutti, venti dí a Firenze. Ho insino a qui uccellato a’ tordi di mia mano. Levavomi innanzi dí, impaniavo, andavone oltre con un fascio di gabbie addosso, che parevo el Geta quando e’ tornava dal porto con i libri di Amphitrione; pigliavo el meno dua, el più sei tordi. E cosí stetti tutto settembre. Di poi questo badalucco, ancoraché dispettoso e strano, è mancato con mio dispiacere: e quale la vita mia vi dirò. Io mi lievo la mattina con el sole, e vòmmene in un mio bosco che io fo tagliare, dove sto dua ore a rivedere l’opere del giorno passato, e a passar tempo con quegli tagliatori, che hanno sempre qualche sciagura alle mani o fra loro o co’ vicini. E circa questo bosco io vi harei a dire mille belle cose che mi sono intervenute, e con Frosino da Panzano e con altri che voleano di queste legne. E Frosino in spezie mandò per certe cataste senza dirmi nulla; e al pagamento, mi voleva rattenere dieci lire, che dice aveva havere da me quattro anni sono, che mi vinse a cricca in casa Antonio Guicciardini. Io cominciai a fare el diavolo, volevo accusare el vetturale, che vi era ito per esse, per ladro. Tandem Giovanni Machiavelli vi entrò di mezzo, e ci pose d’accordo. Batista Guicciardini, Filippo Ginori, Tommaso del Bene e certi altri cittadini, quando quella tramontana soffiava, ognuno me ne prese una catasta. Io promessi a tutti; e manda’ne una a Tommaso, la quale tornò a Firenze per metà, perché a rizzarla vi era lui, la moglie, la fante, i figlioli, che pareva el Gaburra quando el giovedí con quelli suoi garzoni bastona un bue. Dimodoché, veduto in chi era guadagno, ho detto agli altri che io non ho più legne; e tutti ne hanno fatto capo grosso, e in specie Batista, che connumera questa tra le altre sciagure di Prato.

Partitomi del bosco, io me ne vo ad una fonte, e di quivi in un mio uccellare. Ho un libro sotto, o Dante o Petrarca, o uno di questi poeti minori, come TibulloOvidio e simili: leggo quelle loro amorose passioni, e quelli loro amori ricordomi de’ mia: gòdomi un pezzo in questo pensiero. Transferiscomi poi in sulla strada, nell’hosteria; parlo con quelli che passono, dimando delle nuove de’ paesi loro; intendo varie cose, e noto varii gusti e diverse fantasie d’huomini. Viene in questo mentre l’hora del desinare, dove con la mia brigata mi mangio di quelli cibi che questa povera villa e paululo patrimonio comporta. Mangiato che ho, ritorno nell’hosteria: quivi è l’hoste, per l’ordinario, un beccaio, un mugnaio, dua fornaciai. Con questi io m’ingaglioffo per tutto dí giuocando a cricca, a trich-trach, e poi dove nascono mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose; e il più delle volte si combatte un quattrino, e siamo sentiti non di manco gridare da San Casciano. Cosí, rinvolto in tra questi pidocchi, traggo el cervello di muffa, e sfogo questa malignità di questa mia sorta, sendo contento mi calpesti per questa via, per vedere se la se ne vergognassi.

Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.

E perché Dante dice che non fa scienza sanza lo ritenere lo havere inteso – io ho notato quello di che per la loro conversazione ho fatto capitale, e composto uno opuscolo De principatibus; dove io mi profondo quanto io posso nelle cogitazioni di questo subietto, disputando che cosa è principato, di quale spezie sono, come e’ si acquistono, come e’ si mantengono, perché e’ si perdono. E se vi piacque mai alcuno mio ghiribizzo, questo non vi doverrebbe dispiacere; e a un principe, e massime a un principe nuovo, doverrebbe essere accetto: però io lo indirizzo alla Magnificentia di Giuliano. Filippo Casavecchia l’ha visto; vi potrà ragguagliare in parte e della cosa in sé e de’ ragionamenti ho hauto seco, ancora che tutta volta io l’ingrasso e ripulisco.

Voi vorresti, magnifico ambasciatore, che io lasciassi questa vita, e venissi a godere con voi la vostra. Io lo farò in ogni modo; ma quello che mi tenta hora è certe mie faccende, che fra sei settimane l’harò fatte. Quello che mi fa star dubbio è, che sono costí quelli Soderini, e quali sarei forzato, venendo costí, visitarli e parlar loro. Dubiterei che alla tornata mia io non credessi scavalcare a casa, e scavalcassi nel Bargiello; perché, ancora che questo stato habbia grandissimi fondamenti e gran securità, tamen egli è nuovo, e per questo sospettoso; né manca di saccenti, che per parere, come Pagolo Bertini, metterebbono altri a scotto, e lascierebbono el pensiero a me. Pregovi mi solviate questa paura, e poi verrò in fra el tempo detto a trovarvi a ogni modo.

Io ho ragionato con Filippo di questo mio opuscolo, se gli era ben darlo o non lo dare; e, sendo ben darlo, se gli era bene che io lo portassi, o che io ve lo mandassi. Il non lo dare mi faceva dubitare che da Giuliano e’ non fussi, non che altro, letto; e che questo Ardinghelli si facessi onore di questa ultima mia fatica. El darlo mi faceva la necessità che mi caccia, perché io mi logoro, e lungo tempo non posso stare cosí che io non diventi per povertà contennendo. Appresso al desiderio harei che questi signori Medici mi cominciassino adoperare, se dovessino cominciare a farmi voltolare un sasso; perché, se poi io non me gli guadagnassi, io mi dorrei di me; e per questa cosa, quando la fussi letta, si vedrebbe che quindici anni, che io sono stato a studio all’arte dello stato, non gli ho né dormiti né giuocati; e doverrebbe ciascheduno haver caro servirsi di uno che alle spese di altri fussi pieno di esperienza. E della fede mia non si doverrebbe dubitare, perché, havendo sempre observato la fede, io non debbo imparare hora a romperla; e chi è stato fedele e buono quarantatré anni, che io ho, non debbe poter mutare natura; e della fede e bontà mia ne è testimonio la povertà mia. Desidererei adunque che voi ancora mi scrivessi quello che sopra questa materia vi paia. E a voi mi raccomando. Sis felix.

Die 10 Decembris 1513.

A conferma della parte conclusiva del mio post precedente, ecco cosa affermavano i Cinque Stelle nel 2014:

“L’immunità parlamentare è da sempre uno scudo per la politica”, Luigi Di Maio

“Il Movimento Cinque Stelle è da sempre contrario all’immunità parlamentare e promuove il Parlamento pulito.” Beppe Grillo.

Sul caso Diciotti

Ma in cosa consisterebbe l’interesse nazionale nel caso della nave Diciotti? Quale pericolo per il Paese avrebbero rappresentato 177 migranti (migranti, non scafisti: l’identificazione del migrante con lo scafista è una menzogna ideata da questo Governo, come facilmente verificabile). E l’interesse nazionale, ripeto, assente in questo caso, giustificherebbe il reato di sequestro di persona di 177 persone? C’è un’ Italia molto ammalata. E oggi, come mai prima, sono convinto che il Movimento Cinque Stelle, che si affacciò sulla scena politica del Paese come portavoce della giustizia e del giustizialismo esasperato, abbia pesanti responsabilità in questo morbo che affligge il Paese.

Simone Salvi

Ecco le motivazioni poste dai Giudici del Tribunale di Catania sulla necessità di procedere nei confronti del Ministro Salvini

Il reato contestato a Salvini è sequestro di persona (articolo 605 del codice penale):

«per avere, nella sua qualità di Ministro dell’Interno, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale 177 migranti di varie nazionalità giunti al porto di Catania alle ore 23:49 del 20 agosto 2018 violando le convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare, determinando consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale fino alla tarda serata del 25 agosto. Fatto aggravato dall’essere stato commesso da un pubblico ufficiale, nonché per essere stato commesso anche in danno di soggetti minori»

Per approfondire cliccare sul link qua sotto:

 

https://www.corriere.it/cronache/cards/diciotti-cosa-dicono-carte-inviate-catania-salvini-oltre-suoi-poteri/gli-accordi-internazionali-sopra-leggi.shtml

 

 

I nostri complimenti all’eurodeputata Eleonora Forenza.

“Ecco le prove dei rapporti tra Salvini e Casapound”: nuovo attacco a Conte all’Europarlamento | VIDEO

“Avete attivato un processo di criminalizzazione delle ONG indegno di un Paese civile, confondendo con una menzogna chi soccorre le persone in mare con i trafficanti. Le chiedo, signor Primo Ministro (Conte) di fermare l’ignobile politica di chiusura dei porti e di blocco delle ONG. Le chiedo se un Ministro indagato per il sequestro di persona di 177 persone possa davvero indicare all’Unione Europea il futuro per quanto riguarda le politiche sui migranti.”