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Riportiamo qui il testo di un post pubblicato ieri sulla propria pagina Facebook dal Dr. Pietro Bartolo
“Il mio cuore è lì a Lampedusa, su quel molo da cui ho prestato soccorso a centinaia di migliaia di persone negli ultimi 30 anni. Purtroppo Lampedusa e Bruxelles sono lontane, non soltanto metaforicamente, come dimostra la cronaca di questi giorni. Arriverò sulla mia isola soltanto domani, ma sono già lì col cuore, al fianco di quella splendida capitana di nome Carola.”
Pietro Bartolo
Ecco le persone che vorremmo in Europa. Il Dottor Pietro Bartolo, con cui ho il privilegio di essere in contatto, è stato eletto parlamentare europeo.
https://www.globalist.it/politics/2019/05/27/a-bruxelles-arriva-la-solidarieta-eletto-pietro-bartolo-il-medico-di-lampedusa-2041977.html
Noi stiamo con il dr. Pietro Bartolo.
Messaggio del Dr. Pietro Bartolo in occasione del settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
“70 anni fa veniva approvata la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Con costanza e tenacia siamo chiamati a fare nostro questo fondamentale documento in cui sono state poste le basi per un’umanità più equa e rispettosa dell’altro.
È nostro dovere riservare la massima attenzione agli ultimi del mondo perché vivere con dignità non sia prerogativa di alcuni ma un bene di tutti.”
Dr. Pietro Bartolo, medico a Lampedusa
Post del Dottor Pietro Bartolo
Con tutta la rabbia e l’amarezza che questi fatti lasciano, condividiamo sul Periscopio un post pubblicato su Facebook, poche ore fa, dal Dottor Pietro Bartolo. E davanti a questi fatti, davanti a quell’accordo osceno fatto dal Governo Italiano con la Libia, noi, come il Dottor Bartolo, non ci sentiamo orgogliosi di essere italiani.
“Si continuano a contare i morti. Pochi giorni fa sono stati recuperati da un gommone 23 cadaveri. Ancora, 26 donne sono arrivate morte con una nave a Salerno, molte di loro adolescenti tra i 14 e i 26 anni. Poi, di nuovo, 5 morti tra cui un bambino. Donne e bambini vittime di una tragedia senza fine.
E poi, lo scontro in mare tra una motovedetta libica (dall’Italia donata alla Libia) e un’imbarcazione di SeaWatch, alla quale era stato dato il compito di recuperare dei migranti in pericolo su di un gommone. Secondo la ricostruzione della Ong, l’intervento libico ha complicato il salvataggio e, malgrado le numerose richieste della marina italiana di spegnere i motori e fermarsi al fine di collaborare al recupero, i libici hanno abbandonato il luogo del naufragio trascinandosi dietro alcune persone ancora aggrappate alla motovedetta e determinandone la morte. Alcuni migranti, inoltre, in tale circostanza, sono stati brutalmente picchiati dai libici con corde. Circa 50 di loro hanno perso la vita.
Se questi sono i risultati dell’accordo che l’Italia ha stipulato con la Libia, direi che non si può più affermare di essere orgogliosi di essere Italiani. Oltretutto, questo patto ha determinato una tanto declamata diminuzione degli arrivi, senza pensare, però, a cosa succede a tutte quelle persone che vengono trattenute con la forza dall’altra parte del Mediterraneo in “campi di concentramento” (fosse comuni?).
C’è chi, guardando quel ponte di mare che separa l’Italia dalle coste africane, vede persone che rischiano la vita nella speranza di un futuro migliore e dignitoso. E poi ci sono gli altri, che si sono abituati a considerare quel tratto di mare un “cimitero di senza nome”. Un crimine contro l’umanità di cui si sta rendendo complice anche l’Italia. Tragedie che si potrebbero evitare se solo i governi europei, al posto di ragionare su come bloccare le partenze facendo così permanere queste persone nell’inferno libico, si impegnassero veramente nel trovare vie legali e sicure per permettere loro di arrivare in Europa in tutta sicurezza.”
Dr. Pietro Bartolo