Nella prima lettera scritta dal carcere poco dopo l’arresto nell’autunno nel 1926, ed indirizzata alla signora Clara, sua padrona di casa, il grandissimo intellettuale chiedeva, tra i pochi altri effetti personali, “una Divina Commedia di pochi soldi”. Il “Dante minuscolo hoepliano” poté essergli consegnato solo dopo due anni, assieme al saggio di Benedetto Croce “La poesia di Dante”. Studiando il testo di Croce, Gramsci maturò un’ampia riflessione sulla Commedia e in particolare sulla figura, centralissima, di Cavalcante, che compare nel canto X dell’Inferno, noto tra gli specialisti come “il canto di Farinata”. Tale riflessione venne annunciata in una lettera del 1929 in cui scrive di “aver fatto una piccola scoperta che […] verrebbe a correggere in parte una tesi troppo assoluta di B. Croce sulla Divina Commedia”.
Nell’articolo qua sotto la vicenda nel dettaglio.
Certamente commuove leggere che Gramsci, privato della libertà come Primo Levi, Osip Mandel’ stam e chissà quanti altri meno noti, trovò conforto nella Commedia.
Simone Salvi