In questo periodo difficile può forse darci un po’di sollievo leggere la più bella epistola della letteratura italiana, datata 10 dicembre 1513, scritta da Niccolò Machiavelli e indirizzata a Francesco Vettori. Già dal punto di vista puramente linguistico è un capolavoro, composta in quel fiorentino che il grandissimo Arrigo Castellani chiamò “argenteo” e che seguiva quello “aureo” trecentesco di Dante, Petrarca e Boccaccio. Celebre quell’ingaglioffarsi, che è con buona probabilità conio lessicale di Machiavelli secondo il tipico meccanismo dantesco della formazione parasintetica. Un brano in cui si incontrano citazioni di Dante, Petrarca e in cui l’autore annuncia la stesura del suo trattato più noto, il Principe.
Molte cose descritte nella lettera, oggi, costretti a casa, non possiamo farle, ma una sì, e in particolare quella che l’autore racconta di svolgere venuta la sera, quando “rivestito condecentemente” si mette allo scrittorio ed entra nelle “antique corti delli antiqui uomini” e si nutre del loro “cibo“.
Simone Salvi
https://letteritaliana.weebly.com/lettera-a-francesco-vettori.html
Riportiamo anche una bella lettura dell’epistola a cura della professoressa Giovanna Frosini, accademica della Crusca.
http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/Rinascimento/3_Frosini.html