“Però puote anche parere così per l’organo visivo, cioè l’occhio, lo quale per infertade e per fatica si transmuta in alcuno coloramento e in alcuna debilitade; sì come avviene molte volte, che per essere la tunica de la pupilla sanguinosa molto, per alcuna corruzione d’infertade, le cose paiono quasi tutte rubicunde, e però la stella ne pare colorata. 14. E per essere lo viso debilitato, incontra in esso alcuna disgregazione di spirito, sì che le cose non paiono unite ma disgregate, quasi a guisa che fa la nostra lettera in su la carta umida: e questo è quello per che molti, quando vogliono leggere, si dilungano le scritture da li occhi, perché la imagine loro vegna dentro più lievemente e più sottile; e in ciò più rimane la lettera discreta ne la vista. 15. E però puote anche la stella parere turbata: e io fui esperto di questo l’anno medesimo che nacque questa canzone, che per affaticare lo viso molto, a studio di leggere, in tanto debilitai li spiriti visivi che le stelle mi pareano tutte d’alcuno albore ombrate. 16. E per lunga riposanza in luoghi oscuri e freddi, e con affreddare lo corpo de l’occhio con l’acqua chiara, riuni’ sì la vertù disgregata che tornai nel primo buono stato de la vista. E così appaiono molte cagioni, per le ragioni notate, per che la stella puote parere non com’ella è.”
Dante, Convivio III IX 13-16