Tra i molti meriti linguistici del Padre Dante spicca quello onomaturgico, ovvero la coniazione di nuovi vocaboli. L’ abilità nel creare parole nuove si rende necessaria e manifesta in particolare nel Paradiso, dove l’appressarsi a descrivere la visione di Dio, l’ineffabile per antonomasia, richiede linguaggio alato e nuovo.
Il canto IX del Paradiso, ambientato nel terzo Cielo della Cantica, quello di Venere, sede degli spiriti amanti, offre nell’arco di poche terzine tre splendidi esempi di conio lessicale dantesco nei verbi “inluiarsi”, “intuarsi” ed “inmiarsi”.
In termini linguistici si tratta di formazioni verbali parasintetiche, ottenute aggiungendo simultaneamente un prefisso ed un suffisso ad una parola base.
A dialogare tra loro sono il Poeta ed il suo collega Folchetto di Marsiglia.
Simone Salvi