Dante e la visione di Dio

Nel XXXIII del Paradiso Dante si trova nell’Empireo, dove grazie alla preghiera di San Bernardo alla Vergine e alla di lei intercessione, è finalmente pronto alla visione di Dio. Il Poeta ammette l’insufficienza della sua lingua a descrivere tale ineffabile visione (“Da quinci innanzi il mio veder fu maggio/ che ‘l parlar mostra, ch’a tal vista cede,/e cede la memoria a tanto oltraggio. Par.XXXIII, vv. 55-57). Dio appare al Poeta pellegrino come un punto luminoso (luce etterna, ivi, v. 83) nel cui vede racchiuso tutto l’Universo. Nel descrivere questa visione Dante crea una delle sue più celebri terzine e sicuramente una delle più alte -forse la più alta?- e compiute descrizioni della visione di Dio della letteratura di ogni tempo; nella profondità della luce divina egli vede, legato come fogli in unico volume, tutto ciò che per l’Universo a noi appare sparso:

“Nel suo profondo vidi che s’interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l’universo si squaderna.”

(Paradiso XXXIII, vv. 85- 87)

Simone Salvi

Un breve chiarimento a proposito della “modernità” di Dante

Quello della modernità di Dante è un aspetto del Poeta spesso abusato e utilizzato in modo improprio. Dante e la Commedia sono certamente moderni, talvolta persino contemporanei, per molti aspetti, sia di pensiero che linguistici. La Commedia è contemporanea dal punto di vista lessicale: come ha evidenziato uno studio del professor Tullio De Mauro, circa il novanta per cento delle parole fondamentali di uso corrente nella lingua italiana (si tratta di circa duemila vocaboli) erano già presenti nella poesia del Trecento e in particolare nella Commedia. In Dante uomo si possono cogliere, e dovremmo farne tesoro, la passione civile, l’impegno, la partecipazione politica, una sensibilità d’animo verso certi sentimenti che accompagnano l’uomo fin dalla sua esistenza. Ma in termini di formazione culturale il Poeta era un uomo profondamente del suo tempo. La sua cultura era fortemente intrisa dei concetti filosofici e scientifici, teologici e quindi morali, dell’epoca. Volere a tutti i costi attualizzare Dante è un errore che può rendere ridicoli. Quando non si è in grado di distinguere l’economia del contado fiorentino di fine Duecento dall’economia dell’Europa di oggi, dovremmo evitare di coinvolgere il Sommo Poeta in analisi sconclusionate ed errate che avrebbero il solo scopo di strumentalizzare quella che è forse la cima più alta della letteratura mondiale di ogni tempo a fini di propaganda politica contemporanea. E ricordiamoci che Dante fu esule e migrante, e che in questa condizione scrisse il suo capolavoro.

Simone Salvi

http://www.ilgiornale.it/news/dante-alighieri-contro-immigrati-e-caritas-1123980.html