Uno degli incipit più celebri della Commedia, con lo splendido commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi

“Questo celebre attacco, che canta la nostalgia che sorprende, all’ora del tramonto, chi ha lasciato la propria patria, è retoricamente una perifrasi di tempo, come spesso se ne trovano in apertura di canto: si vuol designare infatti l’ora che segna l’inizio della notte, quell’ora che nell’ufficio canonico è detta «Compieta», come il suono della campana (v. 5) e l’inno cantato dalle anime (v. 13) lasciano chiaramente intendere. Ma la perifrasi diventa qui straordinaria proposizione di un grande tema, che investe da un lato tutta la condizione purgatoriale, e dall’altro la vita stessa di Dante: è il tema dell’esilio, proprio delle anime che sospirano la patria eterna, e insieme condizione storica, e dolorosa, del poeta narratore, che l’uno e l’altro esilio conosce e soffre in se stesso. In questo intreccio, e nella sobrietà che tempera e regge la pur grande dolcezza del sentimento, sta la grandezza e la suggestione di questa terzina.”

Anna Maria Chiavacci Leonardi

Era già l’ora che volge il disio
ai navicanti e ‘ntenerisce il core
lo dì c’ han detto ai dolci amici addio;
e che lo novo peregrin d’amore
punge, se ode squilla di lontano
che paia il giorno pianger che si more;
quand’io incominciai a render vano
l’udire e a mirare una de l’alme
surta, che l’ascoltar chiedea con mano.
Ella giunse e levò ambo le palme,
ficcando li occhi verso l’orïente,
come dicesse a Dio: ’D’altro non calme’.
’Te lucis ante’ sì devotamente
le uscìo di bocca e con sì dolci note,
che fece me a me uscir di mente;
e l’altre poi dolcemente e devote
seguitar lei per tutto l’inno intero,
avendo li occhi a le superne rote.

Purg., VIII, 1-18.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *