G. Caproni, La festa notturna

Prendo spesso in mano l’edizione Garzanti contenente tutte le sue poesie e talvolta l’apro a caso. Ultimamente lo faccio verso l’ultima parte del libro, quella in cui si trova Res amissa, la raccolta postuma pubblicata nel 1991, a un anno dalla morte dell’Autore. Qualche giorno fa mi sono imbattuto in questa: l’ho letta una prima volta d’un fiato e arrivato a “cielo duro di stelle come ghiaia” il fiato quasi mi è mancato. Poi rileggendola una seconda volta mi sono commosso (non è un’iperbole) e ancora oggi ad ogni rilettura, o anche solo pensandola, sopraggiunge l’emozione che un testo così suscita. Dal punto di vista poetico qua c’è tutto: il susseguirsi quasi spasmodico dei versi che non è minimamente scalfito dalle numerose inarcature (o enjambement), la presenza praticamente in ogni verso delle consonanti liquide a dare un senso di leggerezza (gioverà qui ricordare che Caproni si formò in Conservatorio studiando violino), l’uso calibratissimo delle allitterazioni, le sinestesie, gli ossimori ravvicinati. E naturalmente l’endecasillabo, il più nobile verso della poesia, per di più in rima baciata. Mi perdonerà il buon professor Keating de L’attimo fuggente, ma una sommaria rassegna degli elementi tecnici mi pareva necessaria per mostrare come una finissima arte poetica qua non tolga nulla, ma anzi aggiunga, alla vivida resa di questo splendido idillio notturno.

Simone Salvi

 

Una terzina da Purgatorio XXIII

Purgatorio XXIII, VI cornice, quella dei golosi: tra le anime purganti Dante incontra il suo amico Forese Donati, morto da soli quattro anni. La terzina che si apre con il verso 76 rappresenta uno dei più straordinari passi del parlato di tutta la Commedia; una terzina in cui, come notò la grandissima Anna Maria Chiavacci Leonardi, “le parole dell’uso quotidiano si dispongono nell’endecasillabo come nella loro sede naturale, senza alcun mutamento. Risultato di un’arte matura e profonda, per cui il verso e la terzina divengono quasi il respiro stesso dell’espressione, e la naturalezza ottenuta riflette la spontaneità del rapporto da amico ad amico.

E io a lui: “Forese, da quel dì
nel qual mutasti mondo a miglior vita,
cinqu’ anni non son vòlti infino a qui.

Purg., XXIII 76-78

Per approfondire l’arte del dialogo nella Commedia rinvio a L. Serianni, Per l’italiano di ieri e di oggi, Bologna, Il Mulino, 2017.

 

Simone Salvi

 

Segnaliamo con piacere che il Premiolino 2020 è stato assegnato all’ottimo Nello Scavo

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/giornalisti-a-nello-scavo-premiolinohttps://www.avvenire.it/attualita/pagine/giornalisti-a-nello-scavo-premiolino

Due libri su Dante

Cari amici,
vi segnalo due libri su Dante: già disponibile quello di Alberto Casadei, in uscita prevista per l’8 Ottobre quello di Alessandro Barbero.
Sono in contatto con il professor Barbero e con l’editore Laterza per organizzare una presentazione lucchese di questa attesissima biografia di Dante: non è cosa facile visti i numerosi impegni dell’Autore, ma ce la sto mettendo tutta. Vi terrò informati circa la data e la sede.
Simone Salvi

Una conferenza davvero bella. Luca Zuliani prende le mosse dall’analisi di “Alba”, poesia liminare de “Il passaggio di Enea”, per svolgere alcuni dei temi ricorrenti in gran parte della produzione di Caproni e che in questo sonetto sono già accennati.

Il secondo incontro tra Dante e Beatrice

L’episodio è narrato nella Vita Nova (1, 12): dopo un primo incontro avvenuto nel 1274, quando Dante aveva solo nove anni, il Poeta e Beatrice si incontrano di nuovo nove anni dopo. Dante è ormai diciottenne, Beatrice, nata nel 1266, ha un anno meno. Rinvio al testo per approfondire i dettagli di quel secondo incontro, tra l’altro descritto con insistita attenzione agli sconvolgimenti emotivi di un adolescente innamorato. Il fatto è stato fissato su tela nel 1883 da Henry Holiday, dotato pittore appartenente al gruppo dei Preraffaelliti, il quale commette però un errore nella resa di un particolare storico, mentre è minuziosa la ricostruzione dell’architettura della Firenze dell’epoca di Dante (il Ponte Vecchio, che sarebbe stato poi spazzato via dalla alluvione del 1333, allora era effettivamente in restauro). Al tempo dell’incontro Beatrice era una donna sposata e dunque non sarebbe mai uscita di casa senza la “benda”, il velo nero con soggolo che ricopriva capelli e mento prescritto alle donne maritate e a cui Dante allude in un notissimo passo di Purgatorio XXIV parlando di Gentucca, la donna lucchese non ancora sposata (“non porta ancor benda”), la cui identificazione è incerta e assai discussa, che gli farà amare la città: ”Femmina è nata, e non porta ancor benda”,/ cominciò el, “che ti farà piacere la mia città,/ come ch’om la riprenda.” Purg. XXIV, 43-45

Simone Salvi

HENRY HOLIDAY
Dante e Beatrice
olio su tela
1883
Liverpool, Walker Art Gallery